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I cavi sottomarini “sentiranno” arrivare gli tsunami



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Le Telco sembrano essersi convinte: finalmente sarà possibile appoggiare dei sensori scientifici ai loro cavi sottomarini. Un’integrazione non banale per via dei ripetitori e delle alte pressioni, ma che potrebbe fare la differenza in termini di vite umane. 

Pubblicato il 8 mar 2023

Silvia Colombo

Editorial Assistant



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Terremoti e tsunami cominciano a toccare non più solo le solite aree prevedibili e, caso vuole, la tecnologia che poggia sui fondali scopre di poter evolversi. Può diventare infatti un prezioso strumento climatico e di allerta precoce.

L’ampiezza delle opportunità finora ignorate, la si nota andando a Vanuatu. In questo gruppo di isole del Pacifico meridionale, inondazioni e scosse sono frequenti. Poter fornire un sistema di allerta agli abitanti sarebbe salvifico. In profondità, lì già esistono oltre 60 boe per rilevare le onde che potrebbero essere utili per tale scopo. Al momento, però, la loro distribuzione non le rende abbastanza efficaci nel fornire alert che salverebbero vite umane. 

Ora è tutto più SMART

Alla luce di ciò che sta accadendo a livello globale, questo stallo sembrerebbe una vera contraddizione. Stanno aumentando i fenomeni estremi e anche la nostra capacità di offrire innovazione: un’evoluzione tecnologica ( e di mindset) è quindi doverosa.

Ci si sta pensando con la Joint Task Force for Science Monitoring and Reliable Telecommunications (SMART) Subsea Data System. Si tratta di un’iniziativa lanciata dalle Nazioni Unite appositamente per risolvere questo problema. L’idea è quella di dotare i nuovi cavi per le telecomunicazioni sottomarine di semplici sensori in grado di misurare pressione, accelerazione e temperatura. Con l’aiuto dei ripetitori di segnale dei cavi in fibra ottica, gli stessi potrebbero trasmettere le informazioni raccolte con un raggio di circa 50 chilometri. Questo significherebbe ricavare dati riguardanti i fondali marini su una scala senza precedenti e trasmetterli a velocità mai viste finora.

Tale prospettiva suona eccitante per molti, pur non essendo affatto nuova. Era già stato fatto un tentativo simile, altrove, ma il mondo telco si era mostrato restio a integrare i sensori scientifici nel proprio costoso hardware. Questa “aggiunta” rendeva tutto più complesso. Si tratta infatti di inserire un elemento esterno facendolo interagire con un ripetitore inevitabilmente pressurizzato, per far fronte alle condizioni che si verificano a chilometri di profondità. Una sfida tecnologica non banale. Ora, però, sembrerebbe affrontabile.

In Sicilia i primi tre progetti pilota di allerta tsunami

A dimostrare che questa impresa “oceanica” è diventata fattibile è stata proprio Subsea Data Systems. Finanziata dalla National Science Foundation degli USA, questa iniziativa ha portato alla costruzione di un prototipo di ripetitore funzionante e il 2023 è l’anno della prova “in umido”. I primi tre ripetitori “pilota” saranno dispiegati al largo delle coste siciliane.

Nel frattempo, stanno arrivando le prime adesioni di governi e aziende interessati a questa evoluzione. Alcatel ha recentemente annunciato che la tecnologia SMART sarà pronta entro il 2025. In Portogallo sarebbe in partenza il progetto di cavo SMART da 150 milioni di euro per collegare Lisbona con le isole di Madeira e delle Azzorre. L’Unione Europea ha stanziato 100 milioni di euro per le infrastrutture di connettività digitale, compresi questi tipi di progetti via cavo.

Sembra che il mondo si stia preparando a compiere una vera e propria svolta. La nuova prospettiva da cui abbiamo iniziato a guardare i cavi sottomarini, vedendoli come strumentazione dei fondali oceanici per scopi climatici e di allerta precoce”, può risolvere la situazione di Vanuatu e della Nuova Caledonia, ma non solo. Il tempo di risposta, in caso di tsunami o terremoti, passerebbe da pochi secondi a 12 minuti. Una manciata di minuti, in cui poter salvare molte vite, grazie a una integrazione attesa da tempo.

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